L’uomo che non si è arreso al deserto

"L’uomo che non si è arreso al deserto" di Laura Leonelli

Settant’anni, una vita dedicata alla terra come risorsa di sussistenza e la messa in pratica di una saggezza antica. Perché Yacouba Sawadogo può risultare eccezionale ai nostri occhi? Si tratta di un semplice agricoltore proveniente da una delle regioni più povere della Terra, segnata da conflitti civili, siccità e carestie. La prima immagine che abbiamo davanti a noi è quella di un’esistenza modesta, di fatica e lavoro. Eppure, è proprio l’impegno e la forza di volontà con cui Sawadogo ha vissuto la sua vita che gli ha permesso di realizzare un grande progetto.

Originario della provincia di Yatenga, nel nord del Burkina Faso, al confine con il Mali, Sawadogo ha vissuto la carestia e la siccità che ha segnato il suo paese tra il 1972 e il 1984. È proprio all’inizio di quella che lui definisce “la grande sécheresse” che ha cominciato a piantare alberi. In un’intervista rilasciata a Le Temps, quotidiano svizzero, Sawadogo descrive con voce profonda e parole semplici, ma incisive, come l’aridità avesse “attaccato” prima l’erba e gli alberi, con rapide conseguenze sugli animali fino a raggiungere gli uomini: “Era veramente la carestia (…) era veramente la miseria”. Laddove tutti fuggivano, Sawadogo ha deciso di restare e di dare alla sua terra un contributo fondamentale: piantare nuovi alberi. Pur con pochi mezzi e scarsa conoscenza specifica, ha capito che la situazione di crescente penuria doveva essere contrastata e non evitata. Ha dichiarato di essere stato ritenuto pazzo dai suoi compaesani di Goura, il villaggio di provenienza, in quanto credevano che la semina di nuove piante avrebbe comportato inevitabilmente uno spreco di acqua. Tuttavia, Sawadogo ha presto dimostrato che non era così: piantare alberi aiuta il suolo poiché le radici risanano le falde acquifere e questo comporta un arricchimento del terreno.

Il metodo utilizzato si ispira all’antica tecnica degli “zai”, che in mossi, un dialetto burkinabé, significa “buche”; infatti, questo procedimento consiste nello scavare delle fosse nel terreno mentre si piantano i semi, così che il suolo riesca a trattenere più a lungo l’umidità. Sawadogo ha migliorato e reso più efficace questa tecnica scavando buche più profonde e aggiungendo materiale organico. Un altro espediente utilizzato è quello dei “cordons pierreux”: pietre grandi circa un pugno vengono disposte in modo da canalizzare l’acqua nella stagione delle piogge e favorirne il ristagno, permettendo al terreno di restare più compatto. Risultato? In circa quarant’anni, Sawadogo, con l’aiuto della comunità, albero dopo albero, è riuscito a creare uno spazio verde di circa 60 ettari, dimostrando anche una certa attenzione per la biodiversità: nella provincia di Yatenga si contano oggi più di 99 varietà di piante. Ciò che è iniziato come semplice azione di un singolo, è diventato un progetto condiviso e pluripremiato, che ha raggiunto l’attenzione dell’Unep, il Programma dell’ONU per l’ambiente.

Sawadogo ha iniziato con pochi mezzi e scarsa conoscenza scientifica. È semplicemente un uomo che ha avuto una visione e tanta determinazione. La sua conoscenza ha fonti antiche e la sua saggezza è stata appresa da una sorta di “messia” che un tempo erano presenti in quelle terre. È grazie a questa formazione profondamente spirituale che Sawadogo ha saputo interpretare la natura e ha imparato l’importanza delle piante per il benessere del mondo: gli alberi “curano”, ognuno è un “rimedio” contro diverse malattie e senza di essi “non c’è vita”. La verità di queste parole si riscontra nel fatto che al sempre più preoccupante fenomeno della desertificazione, che uccide la fertilità e l’esistenza delle più verdi e ricche forme viventi, si risponde spesso con progetti di riforestazione. Infatti, si tratta di un processo climatico, spesso conseguenza dell’impatto delle attività umane sul territorio e sull’ambiente, che comporta tra i primi effetti il deterioramento del suolo e della vegetazione; tuttavia, le piante permettono di ridurre la forza del vento, di formare umidità nel terreno e di richiamare animali che con le loro attività smuovono e fertilizzano il suolo. Sawadogo ha avuto la sensibilità di capire tutto questo e di farne una propria battaglia personale, senza scappare dalla sua terra, ma cercando di coinvolgere quante più persone possibili e di trasmettere loro la sua perseveranza. È diventato oggi una fonte d’ispirazione per molti e la dimostrazione che ognuno, nel proprio piccolo, può raggiungere comunque grandi risultati per la società ed il mondo.

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