Il potenziale nascosto dell’artemisia

Il potenziale nascosto dell’artemisia: efficace rimedio contro la malaria

Nel 2015 il premio Nobel per la fisiologia e la medicina è stato assegnato alla scienziata cinese YouYou Tu per i suoi studi sull’artemisinina, una sostanza naturale rivelatasi un potente rimedio antimalarico.  L’importanza di questa scoperta è dovuta alla pericolosità della malaria, una malattia causata dai parassiti trasmessi dalle punture delle zanzare di specie Anopheles, ad oggi ancora molto diffusa in varie parti del mondo. La profilassi antimalarica si basa da anni su farmaci con molte controindicazioni, poco economici ed accessibili per le popolazioni più povere, talvolta non particolarmente efficaci. Solo recentemente è stato approvato un vaccino, tuttavia funzionale solo nel 40% dei casi.

È un fatto che proprio laddove la malaria è più diffusa la maggior parte delle persone ricorrano a rimedi naturali, tramandati da saggezze antiche e più facilmente reperibili in assenza di mezzi economici. L’artemisinina si può estrarre da una pianta, l’Artemisia Annua, impiegata da secoli in Cina per il generico trattamento delle “febbri”. Non si tratta, quindi, di qualcosa di completamente nuovo, ma presente già da tempo nella tradizione medica cinese. La scoperta dell’artemisinina, nello specifico, risale però agli anni 60’, quando Mao decise temporaneamente di sospendere il processo di rieducazioni di più di 500 ricercatori affinché trovassero un rimedio contro il Plasmodium falciparum da fornire all’esercito nordvietnamita, i cui combattenti erano fortemente indeboliti dalla malattia e privi di cura. Da tempo erano state scoperte le proprietà curative di una pianta chiamata in cinese qinghao, a noi nota come Artemisia.

Ricercando tra i testi più significativi della medicina tradizionale, si scoprì una citazione del 340 d.C. che suggeriva di immergere una manciata di qinghao in acqua, spremerla e berne il succo. Tramite un’estrazione a bassa temperatura, YouYou Tu riuscì a ottenere un estratto di buona efficacia e, in seguito, ad isolare il principio attivo a cui diede il nome di qinghaosu, a noi noto come artemisinina. Col tempo si scoprì che l’Artemisia Annua era la varietà di Artemisia da cui era possibile estrarre la maggior concentrazione di principio attivo e che era possibile unire alcuni derivati dalla sostanza madre ad un altro antimalarico: questo avrebbe permesso di aumentare l’efficacia del principio contro la malattia e risolvere certi problemi di somministrazione dovuti alla sua scarsa resistenza nell’organismo se assunto in purezza. Dal 2010, dopo un lungo percorso di sperimentazione e l’approvazione dei principali enti sanitari, l’OMS indica le ACTs (Artemisinin-Based Combination Therapies) come le terapie di prima scelta per la malaria: sono sufficienti tre o quattro somministrazioni divise in tre giorni di trattamento per neutralizzare la malattia in più del 90% dei casi. Grazie alla loro composizione, infatti, i derivati dell’artemisinina agiscono bloccando l’enzima che assicura l’apporto di calcio del parassita, impedendone quindi la crescita all’interno dell’organismo. Un secondo effetto fondamentale consiste nella capacità di rilasciare radicali liberi in presenza di ferro (un elemento molto presente nei parassiti e nelle cellule tumorali), i quali provocano l’eliminazione degli intrusi facendone esplodere la membrana cellulare.

Oggi il 90% di casi di malaria è registrato nell’Africa subsahariana. Si tratta per lo più di paesi con risorse scarse e limitate per contrastare l’infezione, che contribuisce ad aumentare disagio e povertà. Inoltre, i bambini sotto i 5 anni sono più predisposti allo sviluppo di forme gravi della malattia: di conseguenza, più dei due terzi dei decessi dovuti alla malaria avvengono in questa fascia di età. L’importanza di un rimedio in queste zone del mondo è fondamentale, sebbene proprio a causa della diffusa povertà della popolazione il prezzo della terapia debba necessariamente essere molto basso affinché sia accessibile a tutti. In occidente, dove l’infezione è pressoché dimenticata, non si tratta di un investimento prolifico in quanto comporta ricavi modesti, se non nulli. Per questo motivo, le industrie hanno spesso ricevuto co-finanziamenti da organizzazioni internazionali, al fine di essere sostenute e incentivate a ricercare e produrre terapie che nelle parti del mondo economicamente più avanzate sono già state debellate e non danno più possibilità di fare business. A partire dall’inizio del millennio, la copertura di ACTs nei bambini colpiti da malaria è sensibilmente aumentata, sebbene resti ancora eccessivamente bassa. L’auspicio è quello che i Paesi più colpiti trovino un modo per rendere terapie di questo tipo più disponibili ed accessibili anche alle fasce più povere della popolazione.

di Laura Leonelli

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